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"Rifiuti pericolosi in discarica", 50 indagati nell'Agrigentino: anche politici e manager

Per anni nella discarica di Camastra gestita dalla società A&G Ambiente sarebbe finito di tutto: tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi sfuggiti a ogni controllo. Non per semplice distrazione, secondo la Dda di Palermo che ha notificato l’avviso di conclusione indagini a 50 tra persone fisiche e società nell’ambito di una maxi inchiesta su un traffico di rifiuti che avrebbe fatto lievitare il fatturato della srl che gestiva la discarica.

A indagare, sotto la direzione dell’aggiunto Marzia Sabella e dei pm Gery Ferrara e Francesco Gualtieri, è stato il Nucleo di polizia tributaria di Agrigento che ha disposto il sequestro di beni per oltre 2 milioni intestati ad alcuni degli indagati.

L’avviso di chiusura dell’inchiesta, che precede la richiesta di rinvio a giudizio, riguarda oltre ai vertici della A&G Ambiente Donato D’Angelo, Salvatore Alaimo, Calogero Alaimo, Alfonso Bruno e Pasquale Di Silvestro, i titolari delle ditte locali che smaltivano abusivamente nella discarica come gli imprenditori Cultrera, Marco Campione, i vertici della impresa catanese Isea e una serie di società nazionali come Fincantieri, Raffineria di Gela e Rete ferroviaria italiana che scaricavano nel sito attraverso alcune ditte siciliane, pure finite sotto inchiesta.

Tra gli indagati, anche un ex dipendente della Provincia di Agrigento, Gelando Piparo, accusato di corruzione. Incaricato di vigilare sulla gestione della discarica, avrebbe chiuso un occhio più di una volta avvertendo i proprietari delle ispezioni imminenti, concordando le misure tecniche da adottare per evitare le sanzioni. In cambio avrebbe chiesto che a un amico fosse fatto fare un provino presso la società calcistica Lanciano Virtus collegata come la A&G al gruppo Maio.

Il provvedimento riguarda poi diversi laboratori di analisi come la Studio chimico ambientale srl o Sidercem srl che avrebbero attestato falsamente che i rifiuti conferiti rientravano tra quelli autorizzati dalla legge.

Nel sito sarebbero finiti rifiuti speciali pericolosi, non trattati o non analizzati, quindi di sconosciuta natura. Inoltre parte del materiale sarebbe stato messo in una vasca in fase di gestione post operativa essendo scaduto il termine del conferimento riconosciuto dall’Autorizzazione integrata ambientale.

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