PORTO EMPEDOCLE. Non contribuì al rafforzamento di Cosa Nostra ma fu semplice fiancheggiatrice del fratello, avendo agito «in una condizione di non punibilità» visto che la legge non prevede il reato di favoreggiamento fra «prossimi congiunti».
La procura generale, che aveva insistito in udienza al processo di appello bis con il magistrato Emanuele Ravaglioli che aveva chiesto la condanna a 6 anni, fa scadere il termine e rinuncia a impugnare la sentenza di assoluzione emessa dai giudici della sesta Corte di appello di Palermo lo scorso 11 ottobre. Il verdetto, che scagiona la trentanovenne sorella del boss Gerlandino, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa, da ieri, è diventato definitivo.
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