
LAMPEDUSA. A fine gennaio, una cinquantina di migranti per un paio di giorni, stazionò sulle gradinate della chiesa Madre di Lampedusa. Rifiutavano cibo e acqua e, poi, quale estrema forma di protesta, alcuni di loro – complessivamente una decina - si fecero cucire, da altri connazionali, le labbra con ago e filo.
Ieri, a partire dal primo pomeriggio, un gruppo di tunisini – anche in questo caso una cinquantina di persona – si è radunato su molo Favarolo. Hanno urlato e cercato di richiamare l’attenzione. Chiedevano di lasciare l’hotspot di contrada Imbriacola e di essere trasferiti in altre strutture d’accoglienza. Scontata, naturalmente, anche se non platealmente manifestata, la loro paura di essere rimpatriati in Tunisia.

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