AGRIGENTO. Si può essere scomunicati per avere lanciato, secondo una tradizione popolare, il pane votivo sulla statua di San Calogero? L’interrogativo lo pone uno dei cultori delle tradizioni agrigentine, Lello Casesa a seguito di un intervento del rettore del santuario don Giuseppe Veneziano all’uscita del «Santo Nero» di domenica scorsa, il quale ha ammonito i fedeli che erano pronti a lanciare il pane sul fercolo a recedere dall’azione. In questo frangente qualcuno avrebbe parlato di scomunica. «Domenica mattina –dice Lello Casesa- per salvaguardare la tradizione legata a San Calogero avevamo organizzato il lancio e la distribuzione di pane per l’uscita del santo dalla chiesa. Ad eseguire il gesto c’erano i piccoli devoti del Val d’Akragas con i loro genitori ed altri fedeli. Tutto era pronto quando è arrivato il rettore del santuario a dissuadere con toni forti dal mettere in atto il gesto. L’invito non è stato accolto ed il lancio del pane, secondo tradizione, c’è stato. A questo punto si è sparsa la voce che si incorreva nella scomunica». Da parte nostra abbiamo sentito il rettore don Giuseppe Veneziano, chiamato in causa. «Questa parola –ha affermato- non è mai uscita dalla mia bocca. Tra l’altro per la scomunica sono preposti ben altri prelati. Da parte mia ho cercato di convincere i fedeli che gettare il pane sulla statua rappresenta uno spreco, specialmente quando ci sono bambini che ne avrebbero molto bisogno. Quando si butta il pane sul santo, va a finire a terra e si pesta con i piedi una grazia di Dio».