TRIESTE. Il Tribunale del Riesame di Trieste ha rigettato l'istanza di scarcerazione di Giosuè Ruotolo, il militare campano di 26 anni accusato del duplice omicidio dei fidanzati di Pordenone. I giudici si sono espressi dopo circa tre ore di camera di consiglio, in cui erano entrati dopo un'udienza dibattimentale che si era protratta per quasi dodici ore.
Accolta invece l'istanza presentata dalla fidanzata di Ruotolo, Rosaria Patrone, che si trovava ai domiciliari nella propria abitazione di Somma Vesuviana (Napoli) con l'accusa di favoreggiamento e tornata ora in libertà.
«Siamo soddisfatti perchè il carcere è l'unica misura che consente di tutelare l'incolumità
fisica dei familiari di Trifone e dei testimoni, nonchè di salvaguardare le fonti di prova che il Ruotolo e i suoi fiancheggiatori hanno sempre cercato di inquinare»: lo scrive in una nota l'avvocato Nicodemo Gentile, legale di Gianni Ragone.
«Con il Riesame sono quattro i giudici che ci dicono che Ruotolo deve rimanere in carcere perchè a suo carico sussistono gravi indizi di colpevolezza relativamente all'omicidio di Trifone e Teresa. La fidanzata comunque rimane indagata per favoreggiamento e dopo aver letto le motivazioni faremo un'analisi più analitica», conclude Gentile.
«Riteniamo che non ci fossero i presupposti per le esigenze cautelari, ma prendiamo atto della decisione del Riesame e attendiamo le motivazioni per vagliare l'eventuale impugnazione proponendo ricorso per Cassazione». Lo ha dichiarato all'ANSA Roberto Rigoni Stern, difensore di Giosuè Ruotolo che resta in carcere con l'accusa di duplice omicidio. «Come dimostra la posizione della fidanzata Rosaria Patrone - ha aggiunto il legale vicentino - che in origine era indagata per reati connessi all'omicidio volontario e ora è stata rimessa in totale libertà, la situazione è fluida e riteniamo che ci siano tutti i presupposti per dimostrare l'estraneità del mio assistito. Penso che i giudici non se la siano sentita di sovvertire in questa fase un enorme impianto accusatorio che poggia sul lavoro investigativo di un anno, preferendo demandare al Tribunale di entrare nel merito. Siamo persuasi che in quella sede le nostre argomentazioni, che abbiamo espresso oggi per la prima volta , dopo aver finalmente avuto accesso agli atti, avranno la meglio».
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