CANICATTI'. Nuova tegola per l'ex sindaco di Canicattì e parlamentare regionale, Vincenzo Lo Giudice. Dopo aver scontato per intero la pena inflittagli dalla Cassazione ad undici anni e quattro mesi di reclusione relativamente alla triste vicende dell'inchiesta "Alta mafia" culminata negli arresti del 29 marzo 2004, una nuova pagina giudiziaria, di natura contabile, lo riguarda.
È di questi giorni un primo pronunciamento sfavorevole della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti con cui si da seguito alle previsioni dell'articolo 28 del codice penale in quella parte in cui prevede che "il condannato ad una pena con interdizione perpetua dai pubblici uffici, non può beneficiare degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico". In parte questa previsione è stata dichiarata incostituzionale dall'apposita Corte che però ha lasciato vigente la parte in cui si prevede non più erogabile il vitalizio ad un condannato a pene superiore ai cinque anni e all'interdizione dai pubblici uffici. L'ex parlamentare Vincenzo Lo Giudice si è visto respingere dalla Corte dei Conti un primo ricorso avverso l'applicazione, in suo danno, delle previsioni dell'articolo 28 che pur essendo una norma nazionale trova rigorosa applicazione in Sicilia.
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