AGRIGENTO. Era la metà dello scorso mese di aprile quando la Guardia di finanza entrò al Comune di Agrigento, allora sotto la gestione commissariale di Luciana Giammanco, per acquisire e sequestrare gli atti riguardanti le tristemente famose 1133 commissioni consiliari, relative al 2014 e che portarono al neologismo "gettonopoli" poi utilizzato per tutti gli scandali di cattiva gestione del denaro pubblico, teoricamente di tutti ma praticamente di pochi eletti.
I magistrati della procura, guidati da Renato Di Natale e dall'aggiunto Ignazio Fonzo, avevano già disposto l'apertura di un'inchiesta dopo aver sentito le dichiarazioni rese da diversi consiglieri comunali alora in carica che raccontarono alcuni lati oscuri della vicenda, come le partecipazioni in contemporanea a riunioni di Commissione e Consiglio comunale (cosa non consentita dalla legge) o il tacito accordo secondo cui si sarebbero convocate sempre più riunioni per raggiungere il tetto massimo di guadagno riunendosi anche per una mezzoretta, poco prima di pranzo e in giorni dove solitamente il Comune è deserto. Ma ad Agrigento si è andati oltre fino al punto che a giugno, quando si è tornati al voto, oltre la metà di questi signori si sono ricandidati e molti sono stati anche rieletti a furor di popolo.
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