AGRIGENTO. Ha provato ad opporsi. Carte alla mano, civilmente, ha provato a spiegare che "nessun'altra demolizione era dovuta". Ha dimostrato d'aver autonomamente raso al suolo un edificio e la piattaforma dell'anfiteatro ed ha anche chiesto qualche altro giorno di tempo per rimuovere i detriti. Per i fabbricati, ricadenti nell'area dell'ex ristorante "Principessa Zaira", in via Afrodite, una traversa del viale Emporium a San Leone, non sembrerebbe esserci però alcuna possibilità di scampo. La ruspa della ditta Capobianco - aggiudicataria dell'appalto del Comune per radere al suolo i primi 8 manufatti abusivi in zona "A" del Parco archeologico - ieri mattina, alle 9,30 circa, ha riacceso i motori. Ed ha iniziato i lavori procedendo alla rimozione dei cumuli di detriti, poi anche ad iniziare abbattere i manufatti. Oggi la conclusione con il conferimento in discarica della montagna di detriti e la demolizione di "tutto quello che si vede" nella zona che fu ristorante e pizzeria. «Dovevamo demolire solo una parte del fabbricato con sentenza del 2005. Noi abbiamo ottemperato, abbiamo demolito - ha detto, ieri mattina, carte alla mano, Giovanni Scibetta, proprietario degli immobili - e loro si sono presentati oggi (ieri ndr.) per demolire i restanti manufatti. Ma per questi manufatti che vogliono demolire ora, non c'è nessun ordine di demolizione. Infatti la sentenza dice: opere edili consistenti nella realizzazione di un'area di circa 500 metri quadrati, sita in via Afrodite, - Scibetta ieri leggeva la documentazione - dove insistono un manufatto di 70 metri quadrati, dall'altezza di quattro, ricoperti di conci di tufo e di una cavea teatrale con gradinate circostanti, semicircolari e relativa scaletta di accesso. Questa sentenza della Corte d'appello - ha proseguito la lettura degli atti - dice che è riforma della sentenza del pretore di Agrigento del 16.01.96, appellata da Scibetta Giovanni e dichiara non doversi procedere nei confronti dello stesso in ordine ai reati ascrittigli perché estinti per prescrizione e revoca l'ordine di demolizione».