BIVONA. Ha iniziato a lavorare solo da una settimana, impiegato grazie alla legge regionale che prevede l'assunzione dei testimoni di giustizia nell’amministrazione della Regione siciliana. Ma per Ignazio Cutrò, imprenditore bivonese e testimone di giustizia, la strada è ancora in salita. Il posto gli è stato assegnato, per sua scelta, a Bivona, città dov’è nato e città in cui vivono anche gli imputati nel processo seguito all’operazione antimafia denominata «Face off» che nel gennaio 2011, portò a condanne per un totale di 66 anni e mezzo di carcere. La scorsa settimane, nel primo giorno di lavoro, ad accompagnare simbolicamente Cutrò, non mancarono, il prefetto Nicola Diomede e il comandante provinciale die Carabinieri Mario Mettifoco. Un segnale importante, importantissimo che non sta rendendo meno dura la quotidianità di un uomo che ha denunciato il crimine organizzato. «Alcuni miei concittadini - spiega Ignazio Cutrò - mi hanno già invitato ad andarmene perchè dicono, sono preoccupati per la loro incolumità. Ma Bivona è il mio paese e dovrei solo fregarmene di quelle poche persone che vedendomi parlano, giudicano o altro. I miei colleghi di lavoro sono stupendi, solidali e ringrazio in modo particolare la dottoressa Anna Corsello, dirigente generale che mi ha messo a mio agio. Ma in paese c'è anche chi dice che gli fa schifo anche solo sentire il mio nome e questo, ovviamente, addolora».