CANICATTÌ. Accusare un funzionario comunale di «farsi i fatti propri» nello svolgimento del proprio lavoro è reato penale sanzionabile con condanna e non normale esercizio di critica riconosciuto ad un consigliere comunale in carica. A ribadirlo la settima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la condanna inflitta a Pietro Lionte, ex consigliere comunale di Canicattì (Agrigento) dai giudici di primo e secondo grado. L'esponente politico, parlando fuori dall'aula consiliare con alcune persone, aveva affermato che il vice dirigente della polizia municipale Patrizia Sola «con il mercato si è fatta e continua a farsi i fatti suoi». La condanna confermata per diffamazione semplice è di 1.000 euro di multa, pagamento delle spese processuali, risarcimento dei danni alla parte civile da definire in altro giudizio, pagamento delle spese di costituzione e giudizio, cui ora si sono aggiunti altri rimborsi spese sostenute dalla parte civile e le relative spese di giudizio per il nuovo processo in Cassazione.