AGRIGENTO. Ergastolo confermato per Giuseppe Messina, 67 anni, condannato al carcere a vita nel maxi processo "Akragas". Il boss chiedeva una riduzione di pena perché nel 2000 la Corte di assise di Agrigento - secondo la sua versione dei fatti - gli aveva negato di accedere al giudizio abbreviato. L'istanza, formulata durante il cosiddetto incidente di esecuzione dal difensore, l'avvocato Salvatore Collura, è stata discussa nei mesi scorsi davanti al giudice Francesco Provenzano. Anche il pubblico ministero Matteo Delpini non si era opposto rimettendosi al giudice "per la rideterminazione della pena".
Il magistrato, dopo avere esaminato gli atti, ha invece deciso di rigettare la richiesta confermando la condanna all'ergastolo per il cugino del padre di Gerlandino Messina, ultimo latitante nonché ultimo capo di Cosa Nostra di Agrigento. La questione ruota attorno alla complessa questione della normativa transitoria in materia di giudizio abbreviato che fu introdotto proprio negli anni dei principali processi alla mafia siciliana e fra questi anche quello scaturito dall'inchiesta "Akragas". Messina, era stato condannato all'ergastolo per associazione mafiosa, un tentato omicidio e tre omicidi (quelli di Benito Picarella, Franco Mallia e Vincenzo Avanzato). Tuttavia la Corte ritenne che fosse scaduto il termine per ammetterlo al rito abbreviato che prevede la riduzione di un terzo della pena.
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