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Immigrazione, il cardinale Montenegro: "E' un fatto della vita, non un'emergenza"

"Come chiesa cerchiamo di fare tanto per loro"

CITTA' DEL VATICANO. Le migrazioni non sono  «un'emergenza» o «un fenomeno temporaneo» ma «un fatto ordinario  di vita». Mosso da questa convinzione, il cardinale Francesco  Montenegro denuncia l'inefficacia di «risposte rabberciate ed  estemporanee» e chiede un cambiamento «strutturale» e  «culturale» nell'atteggiamento verso i migranti. Montenegro,  vescovo di Agrigento e presidente della Commissione Cei per le  Migrazioni e della Fondazione Migrantes, lo afferma in  un'intervista all'Osservatore Romano, rilanciando la vocazione  della terra siciliana a essere ponte di dialogo e accoglienza  tra popoli e religioni diverse. Sono convinto, e da  parecchio tempo - dice Montenegro -, che in ordine al fenomeno  migratorio, sia fuorviante e maliziosamente tendenzioso parlare  di emergenza. Ho avuto modo di ribadirlo più volte, e in diverse  sedi, sia nazionali che internazionali. Quello dei migranti  costituisce un altro continente e non un'emergenza, un fatto  ordinario di vita, e non un fenomeno temporaneo. La sfida che ci  pone non si gioca sul piano delle risposte rabberciate ed  estemporanee ma su quello strutturale».

«Nel presentare la  centesima giornata del migrante e del rifugiato, nel 2014,  indicavo »sette pilastri« per l'avvento di un passaggio  culturale necessario - tanto nei toni quanto nei contenuti -  relativamente al rapporto tra ricchi sedentari e poveri  migranti: incontro, accoglienza, ospitalità, tutela,  condivisione, dialogo, rispetto delle differenze», prosegue il  porporato. «Come Chiesa - aggiunge - cerchiamo di fare, tanto a  Lampedusa quanto a Linosa e nell'intero territorio diocesano,  quanto ci chiede il Vangelo della carità. Nulla di  straordinario. Siamo consapevoli di essere servi di Dio e dei  fratelli. Esorcizziamo con i gesti semplici, e tuttavia  concreti, dell'accoglienza e dell'ospitalità, la tentazione alla  chiusura ostile; promuoviamo e favoriamo l'incontro, la  condivisione e il dialogo, tra gli autoctoni e i migranti  residenti e quelli in attesa di definizione dello status e  inoltre, attraverso la Caritas diocesana, tra l'altro, offriamo  un servizio d'ascolto e di orientamento per queste sorelle e  fratelli».     Secondo Montenegro, tra l'altro, «mentre si continua a  ragionare sull'immigrazione e sul da farsi, nel Mediterraneo  giacciono i corpi senza vita di 23.000 migranti, e questa è una  stima per difetto: quanti siano i morti dell'indifferenza, della  chiusura di cuore e dei respingimenti a mare e delle frontiere,  in verità, Dio solo lo sa».     Alla domanda, infine, se la terra siciliana possa essere un  ponte nel dialogo tra le religioni, il cardinale di Agrigento  risponde che «la Sicilia storicamente vanta due secoli di  dominazione araba e una importante presenza ebraica fino al  1492. Le vestigia di queste comunità sono disseminate un pò  ovunque nei nostri paesi». «La Sicilia è già geograficamente  ponte tra realtà culturali e religiose diverse - conclude -. Il  dialogo dal basso, almeno quello, è una realtà: tra vicini di  casa, colleghi di lavoro, studenti. Il vissuto nella sua  ferialità creativa crea affraternamenti, accostamenti, e non  necessariamente la più difficile e onerosa integrazione».

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