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Uccisione del cognato, palmese condannata

Si tratta di Giuseppina Ribisi. La sentenza è molto simile a quella emessa in primo grado dalla Corte di assise presieduta dal giudice Luisa Turco

PALMA DI MONTECHIARO. Per i giudici della Corte di assise di appello di Palermo Giuseppina Ribisi, 42 anni, di Palma, non sapeva che il figlio teneva in casa l'arma ma è responsabile insieme a lui dell'omicidio del cognato Damiano Caravotta, 26 anni, fratello del marito, freddato a colpi di pistola dopo un litigio nel pianerottolo. La condanna a ventitré anni di reclusione inflitta in primo grado è stata ridotta a ventuno per effetto dell'assoluzione dal reato di detenzione illegale di arma. La sentenza è molto simile a quella emessa in primo grado dalla Corte di assise di Agrigento presieduta dal giudice Luisa Turco ma va in direzione del tutto diversa rispetto alle conclusioni del procuratore generale Florenzano Cristodaro.

"Non ci sono le prove di un accordo con il figlio per uccidere il cognato, - aveva detto il magistrato che rappresenta l'accusa - piuttosto pare si sia trattato di due azioni distinte. Lei lo ha picchiato con una mazza da baseball, il ragazzo l'ha ammazzato sparando". Il pg aveva, quindi, chiesto l'assoluzione dall'accusa di omicidio e la condanna a 4 anni e 6 mesi per le accuse di lesioni gravi e detenzione illegale di arma: la pistola usata dal figlio per l'omicidio era tenuta in casa e la donna, secondo il pg, ne avrebbe avuto piena consapevolezza. La Corte di assise di appello, invece, ha ritenuto l'esatto contrario: condanna per omicidio e assoluzione per l'arma.

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