PORTO EMPEDOCLE. Anche per i giudici della Corte di assise di appello di Palermo a uccidere nell'estate del 2009 l'operaio empedoclino Giuseppe Adorno è stato l'ex compagno di scuola Giuseppe De Rubeis, 31 anni, in carcere dal 4 ottobre del 2012 dopo che la Cassazione rese esecutiva l'ordinanza cautelare nei suoi confronti. I giudici, ieri mattina, hanno confermato la sentenza, emessa il 20 giugno di due anni fa dal gup di Agrigento Alessandra Vella, che gli aveva inflitto 13 anni di reclusione. Al verdetto di primo grado, confermato ieri dai giudici della Corte di assise di appello, si è arrivati dopo quattro anni di piste battute e abbandonate, arresti annullati e un'inchiesta archiviata.
Il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il pm Giacomo Forte, titolari dell'inchiesta dopo l'archiviazione del procedimento aperto dalla Dda e l'esclusione del contesto mafioso, in primo grado avevano chiesto l'ergastolo. Il procuratore generale Florenzano Cristodaro, invece, in appello ha proposto la conferma del verdetto. Due i possibili moventi: quello passionale (in paese si diceva che Adorno e la moglie di De Rubeis fossero amanti) e uno legato a un contrasto nella compravendita di armi. Per i giudici avrebbe agito solo. Lo avrebbe fatto salire nell'auto (ci sono le immagini delle telecamere di un benzinaio a immortalarlo), poi gli avrebbe sparato e fatto sparire il cadavere - ritrovato nelle campagne di Montaperto alcune settimane dopo - al quale aveva dato fuoco. Non ha retto al vaglio del processo, invece, l'accusa di calunnia ai danni di quattro empedoclini (Giuseppe, Giovanni e Gerlando Di Stefano e Giuseppe Filippazzo) che sarebbero stati accusati falsamente da De Rubeis per sottrarsi all'arresto.
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