AGRIGENTO. Arriva il 2015. Dalla prefettura di Agrigento parte l’augurio di un anno diverso, fuori dagli schemi e dalle routine: che sia un anno di cambiamenti sostanziali.E per spiegare meglio il suo pensiero il prefetto Nicola Diomede ricorre ad un aforisma tutto sportivo: «Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra che si vincono i campionati». Diomede è uno che Agrigento la conosce bene. Arrivato giovanissimo vincitore di concorso, trent’anni fa, della provincia dei pirandellismi conosce tutto. Conosce ogni anfratto, conosce cose e sopratutto uomini. Gli basta poco per arrivare al nocciolo delle questioni. Ed in tutti questi anni ha imparato ad amare questa terra di contraddizioni dove spesso non sai mai chi chi sta accanto e cosa c’è dietro un volto od una maschera. Conosce i mali, ma anche la terapia: «Senza gioco di squadra - insiste - senza la coesione delle forze sociali, non si va da nessuna parte». Di gare Agrigento nella sua storia millenaria ne ha vinte. Tante. Ma interi tornei mai. Tante le individualità, tanti i solisti, mai una corale. Mai l’armonia. Col risultato che viviamo in beata solitudine i bassifondi delle classifiche nazionali che raccontano di miseria, disagi ed inciviltà. Ultimi o penultimi poco importa. Da decenni i dati parlano di una città che arranca e soffre, stritolata dalle geniali individualità che sfociano in quell’agrigentinismo che ha fatto vincere qualche partita ma mai un campionato. Non è facile cambiare rotta. Non è facile cambiare pensieri diventati filosofia di vita. Diventati l’alibi per giustificare gli «occhi invetrati» con cui si guarda alla realtà, l’apatia, l’indifferenza. Diceva Paolo Borsellino: «Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare». Ecco il punto: tornare a riscoprire la grande bellezza di Agrigento, tornare ad innamorarsene. ALTRE NOTIZIE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA OGGI