AGRIGENTO. «La testimonianza della donna, sfortunata protagonista del caso, è coerente, lineare e attendibile tanto che ha già portato a una sentenza definitiva di condanna nell'ambito della stessa vicenda. Il ginecologo Antonio Giovambattista Mollura ha omesso di eseguire i dovuti controlli dopo il parto lasciando una garza nell'utero»: con queste premesse il pubblico ministero Margherita Licata ha chiesto la condanna a due mesi di reclusione per il medico cinquantatreenne dell'ospedale San Giovanni di Dio. Il processo, in corso davanti al giudice Ermelinda Marfia, nel quale Mollura è imputato di lesioni colpose, potrebbe concludersi venerdì. L'episodio al centro della vicenda giudiziaria sarebbe accaduto il 30 marzo del 2007. Mollura, il collega Raimondo Mondello e l'ostetrica Milena Bonaventura (il primo condannato definitivamente a venti giorni di reclusione, la seconda ancora sotto processo) sono accusati di avere dimenticato una garza introdotta nell'utero di una donna dopo il parto per tamponare una perdita ematica. La madre, all'epoca neanche trentenne, dopo un mese e mezzo di dolori e sofferenze avrebbe scoperto il clamoroso errore e consegnato il tessuto alla polizia. La presunta vittima si sarebbe accorta solo il 9 maggio di quello che era successo. Dopo la requisitoria del pm Licata il giudice ha dato la parola all'avvocato di parte civile Antonino Casalicchio che assiste la donna e si è associato alla richiesta di condanna. L'avvocato Arnaldo Faro, difensore di Mollura, ha iniziato la sua arringa sostenendo invece che "non spettava all'imputato, che neppure aveva collaborato al parto, verificare la presenza della garza". Il legale, inoltre, ha messo in dubbio il racconto della donna spiegando che "le dimensioni descritte e tutte le circostanze indicate non sono attendibili".