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Ad Agrigento «riaffiora» l'antica Akragas in 3 D

AGRIGENTO. Com'erano i templi greci quando vennero costruiti? E' vero che l'oro li ricopriva ed avevano una copertura lignea? E all'interno cosa custodivano?
Federico Moncada, giovane architetto agrigentino di 41 anni, sin da giovane universitario ha cerca di rispondere a questi interrogativi.
L' architettura antica è diventata presto la sua passione e grazie all'esperienza acquisita a Londra in impegnativi studi, ha cominciato a dare la caccia a fonti storico-archivistiche di ogni epoca e lingua ed ha rovistato nelle biblioteche, ma soprattutto su Internet.
Così oggi è in grado di ricostruire i templi greci dell'antica Akragas in 3D con grande rigore storico, oltre che artistico. «Ho aperto un blog per divulgare le mie ricerche e le mie ricostruzioni per restituire e far rivivere la bellezza e la freschezza di questi monumenti che il mondo ci invidia e che noi agrigentini dovremmo ammirare con più meraviglia", dice l'architetto Moncada.
Ed eccolo il link del suo blog: 3ddada.blogspot.it. Il web ci porta su una pagina ricca di immagini tridimensionali dell'oratorio di Falaride, un tempietto "prostilo tetrastilo», che sorge sopra l'Ekklesiasterion.
«Appena concluderò le mie ricerche sul tempio di Giove, troverete sul mio blog anche le immagini tridensionali dei colossali giganti e dell'intero sito», assicura il giovane architetto.
Il tempio di Falaride è un opera poco conosciuta dagli stessi agrigentini, forse perché messa in ombra dalla maggiore notorietà di altri siti archeologici della Valle dei Templi. Moncada vi ha dedicato invece molta attenzione. E il suo lavoro ha il merito di far luce su una testimonianza del primo secolo avanti Cristo. Moncada ha voluto in particolare ricostruire i colori del tempietto. Impresa piuttosto ardua. I Greci davano molta cura alla casa degli dei, tanto da decorare con motivi ornamentali persino le tegole, invisibili all'occhio umano, ma ben visibili all'occhio divino.
Ma quali erano i colori dei templi agrigentini?, si è chiesto. Dopo una ricerca storica e archivistica e avvalendosi di diversi frammenti di "membrature architettoniche" dipinte, sime, gocciolatoi, porzioni di templi greci (tra cui uno ben conservato al museo archeologico di Selinunte), Moncada pensa di poterci dare i colori originali del tempietto agrigentino.
«Spesso si crede che gli unici colori usati nei templi greci erano il rosso e il blu, ma sappiamo che la "tavolozza" greca era molto più ricca - precisa- Esternamente i triglifi e le metope potevano essere dipinte di blu o di rosso. La sima è decorata in modo tale da inglobare, nel motivo a palmette, anche le teste di gronda a forma di leone. Le tegole del tetto sono anch'esse decorate». Per quanto riguarda le decorazioni interne, l'architetto agrigentino ha inserito nella cella un affresco diviso in tre bande raffigurante: in basso pannellature colorate (come se ne trovano a Pompei), nella parte mediana in cui viene fatto un sacrificio rituale, nella parte alta da spazio alle offerte al dio: armi, scudi, gioielli e vesti.
«Sappiamo infatti che le pareti, sia interne che esterne, della cella erano usate a questo scopo», spiega Moncada. Infine dalle sue ricerche emergerebbe anche che il tempio poteva avere un controsoffitto cassettonato, riccamente decorato, con travi di campata a vista.
Non sappiamo a chi fosse dedicato il cosiddetto Oratorio di Falaride. Nel periodo medioevale l'edificio fu trasformato in Cappella e vennero fatte delle modifiche. Potrebbe trattarsi secondo alcuni studiosi della prima cappella agrigentina dedicata alla Madonna. Secondo un'antica leggenda nascondeva il tesoro del tiranno Falaride.
Il grande merito dell'architetto Federico Moncada è certo quello di riportarci allo splendore della "più bella città dei mortali".
E. DB.

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