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Agrigento, l’incendio al «Marakajbo» di San Leone: le indagini seguono la pista dolosa

AGRIGENTO. Lo scheletro di ferro e legno, anche se completamente devastato dalle fiamme, è rimasto in piedi. Ieri mattina, sulla spiaggia del viale Delle Dune, a San Leone, c’era ancora puzza di bruciato. Al posto dello stabilimento balneare, ristorante, pizzeria, wine bar “Marakajbo”, uno scenario di devastazione. Un’immagine che non poteva che riportare alla mente quelle del passato, sempre lungo lo stesso arenile. I danni non sono stati ancora quantificati nell’esatto ammontare, ma sono ingenti: ammontano a svariate decine di migliaia di euro. I poliziotti della sezione “Volanti” – coordinati dal commissario capo Alfredo Cesarano – durante la serata di martedì e la notte che ne è seguita, sul posto, nei pressi dello stabilimento, molto gettonato nel periodo estivo, non hanno trovato bottiglie di plastica, taniche, bidoni. Nessun elemento che conclamasse la natura dolosa dell’incendio. La violenza delle fiamme è stata tanta però e qualunque “segnale”, qualora vi fosse realmente stato, non poteva che andare distrutta. Esattamente come tutto il resto. La matrice dell’incendio sviluppatosi poco prima delle 21 di martedì è, dunque, ancora incerta. L’ipotesi che i poliziotti sembrano privilegiare è però quella del rogo doloso. Già durante la notte, i poliziotti hanno sentito il gestore dello stabilimento balneare: un favarese. Pare che il gestore abbia riferito di non aver mai subito minacce, né richieste particolari. Eppure, i poliziotti sembrano credere all’ipotesi accidentale. I vigili del fuoco del comando provinciale di Villaseta – giunti al viale Delle Dune con tre squadre – hanno lavorato, ininterrottamente, e come sempre mettendo a rischio la propria incolumità, fino a mezzanotte e sedici minuti.
Gli stabilimenti balneari di San Leone, da anni, sono nel “mirino”: periodicamente subiscono misteriosi incendi. La primavera del 2013, così come il resto dell’anno appena trascorso, fu un periodo calmo. Il 2012, invece, e gli anni precedenti erano stati “neri” per gli stabilimenti balneari di San Leone e quelli dell’intera provincia. Così era stato – uno degli ultimi casi di San Leone – per il “Mariace” e prima ancora per la parte esterna del “Baraonda”, per il “Nordafrica”. Così era stato nel resto del litorale Agrigentino. In comune hanno avuto tutti, o quasi, un unico dato: difficilmente si è riuscito a stabilire con certezza la natura dell’incendio. In alcuni casi – a Licata, a Porto Empedocle e a Siculiana – gli investigatori trovarono però tracce chiare, inequivocabili, della matrice dolosa. Lunga la scia di roghi che, a partire dal giugno del 2003, hanno distrutto o danneggiato, da Agrigento a Licata, passando per altri paesi costieri, gli stabilimenti balneari. Negli anni passati, l’allora questore di Agrigento Girolamo Di Fazio aveva anche parlato del “racket degli stabilimenti balneari”, invitando “tutti i titolari e i gestori a denunciare qualsiasi pressione”. Ancora una volta, dopo il rogo di martedì sera del “Marakajbo”, spetterà agli investigatori fare chiarezza.

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