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Agrigento in festa per il Santo Nero, segno di integrazione

L’arrivo del Pontefice coincide con i festeggiamenti di San Calogero, eremita africano

AGRIGENTO. L’accoglienza non ha colore, supera ogni barriera. Non conosce indifferenza, nè intolleranza. Lo sa bene Agrigento che venerà più del proprio Santo Patrono (che è San Gerlando) un eremita africano che amò i più poveri di Agrigento fino alla morte. «Ma poi le cose sono cambiate - ha tuonato durante un’omelia il vescovo mons. Franco Montenegro -. Per coerenza con le leggi di oggi dovremmo smettere di fare festa, togliere il simulacro di San Calogero dall’altare e cacciarlo assieme a tutti coloro che non hanno la nostra nazionalità. San Calogero, molto probabilmente, oggi è da considerare un clandestino».

La festa in onore del Santo Nero prende il via domenica, il giorno dopo Papa Bergoglio arriverà a Lampedusa per ricordare «che negli occhi degli immigrati che sbarcano c’è il volto di Cristo». Un invito all’accoglienza, alla carità: «Tutti figli dello stesso Padre, che ci ama senza guardare al colore della nostra pelle». «Si dice che gli immigrati - ha detto mons. Montenegro - danno fastidio perchè sono pericolosi o poco decorosi. Però è strano che non danno fastidio se sanno giocare al pallone o cantare. E per vederli paghiamo».
«Gli immigrati - aggiunge Montenegro - vogliono vivere. Il nostro cuore, perciò, si faccia casa per dare accoglienza. Amare è abitare nel cuore degli altri. C'è Gesù nel volto dell'uomo che ci è accanto, anche se immigrato».
«Quest’anno - dice il rettore del Santuario di San Calogero, don Pippo Matraxia - la festa avrà un valore maggiore. Coincide con la visita del Papa. È un modo per guardarci dentro. E capire che per risorgere dalla morte dell’indifferenza, c’è Cristo che dona una vita nuova». Come insegnò San Calogero tanti secoli fa. A.B.

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