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«Mafia e appalti pubblici a Barcellona» Reato prescritto per Licata e Mortellaro

Ribaltata la sentenza di primo grado per due agrigentini coinvolti nell’inchiesta sui lavori nel Messinese

BARCELLONA. Assoluzione per Pietro Nicola Mazzagatti e prescrizione per Vincenzo Licata e Domenico Mortellaro nel processo d’appello per un troncone dell’operazione «Sistema» sulle estorsioni nella zona tirrenica messinese raccontate dall’imprenditore Maurizio Marchetta. Mazzagatti, ritenuto il capo dei cosiddetti “scozzesi” di Santa Lucia del Mela, legati al clan dei barcellonesi, è stato assolto con la formula “per non aver commesso il fatto”. Inoltre è stato riqualificato il fatto da estorsione a turbativa d’asta per Vincenzo Licata di Grotte di Agrigento e Domenico Mortellaro di Santo Stefano di Quisquina in provincia di Agrigento, ed è stata dichiarata per entrambi l’estinzione del reato per prescrizione. La sentenza è della Corte d’Appello (Carmelo Marino, Enrico Trimarchi, Bruno Sagone), disposta la scarcerazione per Mazzagatti. L’accusa rappresentata dal sostituto pg Ada Vitanza aveva chiesto la riqualificazione e quindi la prescrizione del reato per Licata e Mortellaro e la condanna, in continuazione con un’altra sentenza, per Mazzagatti. Gli imputati sono stati difesi dagli avvocati Tino Celi, Nino Favazzo e Antonio Managò. Il Comune di Barcellona, parte civile nel processo, è stato rappresentato dall’avvocato Pinuccio Calabrò, mentre l’imprenditore Marchetta dall’avvocato Ugo Colonna. Secondo l’accusa c’era un “sistema” che regolava gli appalti e le tangenti. Il processo di primo grado si era concluso ad aprile 2011 con tre pesanti condanne. Il Tribunale di Barcellona aveva condannato ad 8 anni e 6 mesi Mazzagatti, e Licata e Mortellaro a 6 anni ed 8 mesi. Contro questa sentenza era stato presentato appello, ed ieri il processo si è concluso con un’assoluzione e due prescrizioni. Il
procedimento scaturisce dalle dichiarazioni di Maurizio Sebastiano Marchetta, un imprenditore edile di Barcellona che nel 2009 aveva raccontato agli investigatori della Squadra mobile ed ai magistrati della Dda di Messina il sistema delle estorsioni. Un sistema che costringeva a pagare ai boss ogni volta che l’impresa si aggiudicava un appalto. Per ogni lavoro iniziato si doveva versare una tangente che variava dal 2 al 4% dell’importo dell’appalto, a secondo della difficoltà del lavoro e del profitto che l’impresa poteva conseguire. Una situazione che sarebbe andata avanti dal 1998 fino al 2008. Gli investigatori puntarono l’attenzione su un appalto a Gualtieri Sicaminò ed un altro a Barcellona. 

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