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Campobello, processo Maginot: chiesta assoluzione del boss Falsone

In questo processo deve rispondere di associazione mafiosa per il periodo compreso dal 28 marzo del 2010 al momento dell'arresto, avvenuto tre mesi dopo a Marsiglia

AGRIGENTO. "Non c'è prova che il boss Giuseppe Falsone continuasse a gestire le attività di Cosa Nostra anche all'estero". Il procuratore generale di Palermo Daniela Giglio chiede di ribaltare la sentenza di primo grado e invoca l'assoluzione dell'ex latitante di Campobello che aveva rimediato una condanna a 18 anni di reclusione. Si è aperta con questa richiesta la requisitoria del processo di appello scaturito dall'inchiesta "Maginot". Nell'udienza precedente il difensore di Falsone, l'avvocato Giovanni Castronovo, aveva ricusato il presidente della sesta sezione della Corte di appello, Biagio Insacco, perché emettendo la sentenza di secondo grado del processo "Camaleonte" avrebbe già "espresso un giudizio sull'appartenenza a Cosa Nostra" dell'ex latitante campobellese. La richiesta, invece, è stata dichiarata inammissibile. Il procuratore generale ieri ha chiesto di modificare la sentenza solo per Falsone. Per tutti gli altri è stata proposta la conferma del verdetto emesso dal gup di Palermo, Lorenzo Iannelli, al termine del processo con rito abbreviato. Queste le altre otto condanne di cui è stata chiesta la conferma: 8 anni e 8 mesi per il favarese Salvatore Morreale, 43 anni (14 anni era la richiesta di pena del pm); stessa pena per Antonino Pirrera, 74 anni (12 anni); 6 anni per Calogero Pirrera, 60 anni (12 anni); anche loro favaresi; 9 anni per l'agrigentino Carmelo Cacciatore, 47 anni (10 anni); 9 anni per il favarese Francesco Caramazza, 40 anni (10 anni), 6 anni per Liborio Parello, 42 anni, anche lui di Favara (10 anni); 2 anni e 8 mesi per Giuseppe Maurello, 44 anni, di Lucca Sicula (6 anni), e Antonino Perricone, 42 anni di Villafranca Sicula (6 anni). I difensori (nel collegio anche gli avvocati Pennica, Vaccaro, Nicotra, Sbacchi, Tripodo e Bonsignore) discuteranno il 17 giugno. Le accuse a vario titolo sono di associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Il processo raggruppa due filoni di indagine, uno è relativo alla famiglia mafiosa di Favara e l'altro individua gli ultimi fiancheggiatori di Falsone. Il boss di Campobello in questo processo deve rispondere di associazione mafiosa per il periodo compreso dal 28 marzo del 2010 (per quello precedente è stato già condannato) al momento dell'arresto, avvenuto tre mesi dopo a Marsiglia. In questo lasso di tempo - ha sostenuto il pg - non c'è prova che Falsone abbia continuato a gestire affari e attività di Cosa Nostra.

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