AGRIGENTO. Continua a salire di anno in anno il numero dei beni conficati alla mafia nell'Agrigentino. Sono adesso più di 200 le case, le ville e i terreni sottratti a boss o imprenditori collusi in provincia di Agrigento, un patrimonio immobiliare immenso che però rimane quasi tutto inutilizzato. Pochi i casi di riqualificazione e utilizzo dei beni a fini sociali e istituzionali, in fumo la possibilità di creare nuovi posti di lavoro. Fino all'anno scorso erano 145 gli immobili confiscati in provincia di Agrigento, ora l'ultimo dato aggiornato al 2013 dall'Agenzia del Demanio parla di ben 207 tra case, ville e terreni sparsi in 25 paesi su 43. Sono 31 invece le aziende agrigentine in odor di mafia gestite da amministratori giudiziari dopo la confisca. La capitale resta Canicattì con 51 beni; solo pochi sono utilizzati, come i terreni di Guarneri e Di Caro per le vendemmie antimafia di Libera. Lo stesso a Casteltermini nelle terre del boss Vincenzo Licata.
Ecco la mappa aggiornata comune per comune: ad Agrigento 16 i beni confiscati, ad Aragona 13, Camastra 1, Campobello di Licata 4, Canicattì 51, Casteltermini 2, Cattolica Eraclea 17, Cianciana 1, Favara 13, Grotte 6, Joppolo Giancaxio 3, Licata 12, Naro 16, Palma di Montechiaro 7, Porto Empedocle 4, Racalmuto 4, Raffadali 1, Ravanusa 8, Ribera 7, San Biagio Platani 2, Sant'Angelo Muxaro 7, Santa Elisabetta 2, Santo Stefano Quisquina 2, Sciacca 5, Siculiana 3. Poche le "buone prassi" nella gestione dei beni confiscati, quasi tutti restano inutilizzati in barba alla legge che obbliga ai sindaci di assegnarli alle asociazioni o alle coop per fini sociali entro un anno dalla confisca, pena l'incriminazione per omissione di atti d'ufficio e favoreggiamento alla mafia.
Quasi tutti i beni rimangono lo stesso inutilizzati e spesso vandalizzati, in alcuni casi addirittura riqualificati e mai inaugurati. A Siculiana si attende ancora l'apertura del centro ambientale, pronto da due anni, realizzato su un terreno confiscato alla famiglia Caruana e già assegnato a Marevivo, Legambiente e Wwf: fu aperto solo per una foto ricordo con gli studenti. A Cattolica Eraclea l'appartamento del presunto boss Domenico Terrasi è stato riqualificato dal Comune che lo ha adibito ad ufficio del giudice di pace, ma i tagli agli uffici giudiziari non ne permetteranno l'apertura.
A Ribera, vicino Montesara, ancora inutilizzata la masseria che fu di Gaetano Amodeo, tra i responsabili del delitto Guazzelli. Ad Agrigento difficoltà burocratiche per aprire il centro destinato a donne vittime di violenza assegnato a Telefono Aiuto.
«I Comuni hanno abbandonato i beni confiscati alla mafia, abbiamo già avviato un dialogo col presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta per trovare soluzione per farli fruttare nel miglior modo possibile puntando su rilancio di agricoltura e turismo - dice Maria Grazia Brandara, presidente del Cda del Consorzio agrigentino per la legalità e lo sviluppo -. Ma sottolineo - aggiunge - che le buone prassi nella gestione dei beni confiscati nel nostro territorio sono state quelle portate avanti tra le difficoltà dal Conorzio che ha riqualificato tutti i beni consegnati dai Comuni consorziati. A Naro abbiamo creato sei posti di lavoro nel centro di contrada Robodao affidato alla coop Livatino Libera Terra: 100 ettari di terra sono coltivati a grano biologico in contrada Finesi e 40 ettari a ceci a Virgilio. A Favara abbiamo realizzato una villa pubblica. A Siculiana mi auguro si possa aprire entro l'estate il centro ambientale così come ad Agrigento la casa famiglia una volta superate le criticità emerse in corso d'opera. Ma chiederemo ad associazioni ed enti la rendicontazione dell'attività svolta. La proposta che illustrerò più dettagliatamente al presidente Crocetta - spiega la Brandara - sarà di creare uno staff regionale a costo zero, utilizzando tecnici dei Comuni interessati, per la gestione dei beni e un concreto impegno nella progettazione per partecipare ai bandi PON Sicurezza che offrono l'opportunità di creare posti di lavoro puntando su agricoltura biologica e turismo sostenibile».