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Agrigento, i due anni da cardinale di Montenegro

AGRIGENTO. Un’azione pastorale basata sul rinnovamento, immigrazione, accoglienza, famiglie. Innovazione guardando al passato ma senza da questo lasciarsi condizionare. Le omelie forti e dirette, ad Agrigento e in periferia, pronunciate nel Solenne pontificale dell’Immacolata, ma soprattutto la sera del Venerdì Santo, quando senza se e senza ma, ha denunciato il business collegato all’accoglienza dei migranti. Ha lavorato e lavora ad Agrigento, Lampedusa, in tutta l’Arcidiocesi e adesso anche in Europa.

Il secondo anno di Don Franco da Cardinale è stato tutto questo e altro ancora: momenti di preghiera in tutte le parrocchie, per mettersi in sintonia con il vescovo che ieri ha dedicato la giornata alla sua famiglia. Ventiquattro mesi caratterizzati, come i primi, da un’energia straordinaria, da uno zelo apostolico a 360 gradi e dalla consapevolezza che la Chiesa, come una fiaccola che illumina il cammino, non può non essere presente nella vita concreta delle persone, nel prossimo, in chi soffre. Era il 14 febbraio del 2015, quando a San Pietro Papa Francesco imponeva sul capo di don Franco la berretta cardinalizia.

La periferia al centro del Mondo. Gioia per la sua nomina, ma anche tanta commozione. Con quest’animo i pellegrini lo accompagnavano a Roma, nel timore di perderlo perché Agrigento non era sede cardinalizia.

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