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"Legami con Matteo Messina Denaro", colpo alla cosca di Sambuca: 7 arresti

Le indagini hanno consentito di individuare gli assetti di vertice del sodalizio mafioso agrigentino

AGRIGENTO. Dalle prime ore di oggi, i carabinieri stanno eseguendo nella provincia di Agrigento un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sette indagati per associazione mafiosa.

L'ordinanza è stata emessa dal gip di Palermo su richiesta della locale Procura distrettuale. L'operazione - denominata 'Eden 5, Triokola' - è frutto di una manovra investigativa sviluppata dal Ros e dal Comando provinciale Carabinieri di Agrigento, in direzione del mandamento mafioso di Sambuca di Sicilia.

Le indagini hanno consentito di individuare gli assetti di vertice del sodalizio mafioso agrigentino e documentare il ruolo di cerniera svolto nei confronti delle articolazioni di Cosa nostra operanti nella Sicilia occidentale e il collegamento con il latitante Matteo Messina Denaro.

In carcere sono finiti Giuseppe Genova, accusato di essere il capo della famiglia di Burgio, Andrea e Salvatore La Puma, padre e figlio, Gaspare Ciaccio, Vincenzo Buscemi, Massimo Tarantino e Luigi Alberto La Scala. Gli arresti, all'alba, sono stati eseguiti a Sambuca di Sicilia e a Burgio. Secondo gli investigatori la rete di fiancheggiatori avrebbe "bonificato" le campagne della zona per consentire gli incontri di esponenti mafiosi con il presunto boss di Sambuca Leo Sutera, arrestato e poi scarcerato, ritenuto dagli investigatori vicino a Messina Denaro. Le indagini sono state coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Maurizio Scalia della direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Mercoledì un altro blitz antimafia dei carabinieri in provincia di Trapani, a Castellammare del Golfo, il territorio di Messina Denaro. Una operazione che rientra, anche in quel caso, "nel quadro delle attività investigative finalizzate alla ricerca di Matteo Messina Denaro ed al depotenziamento del sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa Nostra trapanese che vede a capo il latitante".

Una indagine nata dopo una serie di attentati a imprenditori edili e del movimento terra. I carabinieri hanno scoperto che i danneggiamenti erano da ricondursi al contesto mafioso legato alla famiglia di Castellammare del Golfo, che fa parte del mandamento di Alcamo, e al cui vertice ci sarebbe Mariano Saracino, già condannato per associazione mafiosa e da sempre legato alla storica "famiglia" alcamese dei Melodia. Dalle indagini è venuto fuori che un gruppo di persone imponeva la fornitura di calcestruzzo a diversi imprenditori impegnati in lavori privati o in opere pubbliche.

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