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Centri identificazione migranti, il più grande a Lampedusa

Le strutture, chiamate Hot-spot, serviranno a identificare e registrare chi sbarca, ma anche a distinguere chi ha diritto allo status di rifugiato da chi, al contrario, dovrà essere rimpatriato

ROMA. Fra pochi giorni via al trasferimento dei primi richiedenti asilo dall'Italia verso altri paesi europei (24mila in due anni). Contemporaneamente, aprirà a Lampedusa il primo 'hotspot'. Seguiranno poi analoghe strutture a ridosso dei porti di Pozzallo, Porto Empedocle e Trapani e, entro fine anno, Augusta e Taranto. Sono nuovi centri - voluti dalla Commissione europea - dove si faranno le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali di chi sbarca, distinguendo così tra chi ha diritto a fare domanda di asilo e chi invece è un migrante irregolare.

L'hotspot di Lampedusa sarà il più grande, con una capienza di 500 posti: seguono Trapani (400 posti) e gli altri (300 posti l'uno). Qui gli stranieri verranno trattenuti pochi giorni, il tempo necessario per l'identificazione. Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, è stato categorico: queste strutture non apriranno se non prima partirà la 'relocation' dei richiedenti asilo prevista dall'Ue. Le autorità italiane saranno supportate nelle operazioni di identificazione degli stranieri sbarcati dagli esperti di Europol, Easo (Ufficio europeo per l'asilo) e Frontex. In passato Roma è stata più volte criticata dai partner europei per una certa 'leggerezzà nelle procedure di identificazione, che ha portato a perdere le tracce di tanti profughi. Da qui la creazione degli hotspots con il 'tutoraggiò degli esperti europei: una quarantina quelli di Frontex ed altrettanti di Easo.

Nei centri si divideranno i richiedenti asilo, che verranno canalizzati velocemente verso l'apposita procedura con esame rapido della domanda, dai migranti cosiddetti economici, cioè che non hanno diritto a richiedere la protezione internazionale. Questi ultimi saranno rimpatriati, a spese dell'Europa, secondo la richiesta italiana.

Così funzioneranno gli hotspots nelle intenzioni della Commissione europea. La realtà sul campo rischia però di essere più complessa. I dati della polizia indicano che un migrante su tre rifiuta di farsi identificare ed il fotosegnalamento forzoso è tecnicamente impossibile. Inoltre, le leggi italiane impediscono di trattenere più di 12 ore gli stranieri che sbarcano. Il supporto degli esperti europei servirà a velocizzare al massimo i tempi di identificazione, ma probabilmente chi non verrà identificato e non potrà essere immediatamente rimpatriato dovrà essere trattenuto e solo i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) funzionano come strutture di detenzione.

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