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L'Iliade al femminile debutta a Eraclea Minoa

Lo spettacolo intende indagare la figura dell'eroe e delle vicende della guerra di Troia, adottando il punto di vista di tre figure femminili: la schiava Briseide, la madre divina Teti e la guerriera Pentesilea, interpretare da Elena Aimone Rosy Bonfiglio e Giulia Santilli

ERACLEA MINOA. Debutta stasera alle 21, a Eraclea Minoa (Agrigento), per la rassegna Teatri di Pietra, «Iliade, le lacrime di Achille», da Omero, Kleist e Ovidio. Uno spettacolo di Matteo Tarasco, sequel ideale dell'esperienza di «Eneide - Ciascuno patisce la propria ombra», che ha raggiunto le 100 repliche in un anno in tutta Italia. Il 29 luglio Iliade andrà in scena al teatro Antico di Morgantina (Enna); il 31 luglio al teatro Akrai di Palazzolo Acreide (siracusa).

Lo spettacolo intende indagare la figura dell'eroe e delle vicende della guerra di Troia, adottando il punto di vista di tre figure femminili: la schiava Briseide, la madre divina Teti
e la guerriera Pentesilea, interpretare da Elena Aimone Rosy Bonfiglio e Giulia Santilli. In assenza dell'eroe le donne che lo hanno amato ne raccontano la storia creando un'ideale achilleide, una indagine intima sul dolore e alla fragilità ell'eroe. Lo spettacolo è il secondo capitolo della Trilogia del mito al femminile che vedrà la messa in scena dell'Odissea
nel 2016.

«Il nostro progetto di messa in scena - spiega Tarasco - vuole addentrarsi nel linguaggio del dolore per riscoprirne un nuovo valore semantico e ridisegnare l'ideologia della virilità, che, nell'epopea, si completa e acquista valore soltanto quando si appropria del modello femminile. Nell'Iliade si assiste costantemente al contrasto tra le bufere del dolore maschile e la lenta perdita di sostanza che consuma la vita nel rituale della lamentazione femminile. Se il dolore delle donne esautora la forza vitale, il dolore dell'eroe ne esalta l'energia e 'ardore guerriero, perchè per Omero, lacrime e gloria, sofferenza ed eroismo sono strettamente connessi. Le lacrime degli eroi non sono segno di debolezza ma ostentazione di forza e di vitalità, perchè gli uomini valorosi sono sempre inclini alle lacrime. Abbiamo scelto di trasfondere sul palcoscenico queste suggestioni utilizzando il punto di vista femminile delle
donne che hanno amato o sono state amate da Achille nel corso della guerra».

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