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Colpo al patrimonio di cinque boss mafiosi, nel mirino le cosche di Agrigento - Video

Nel mirino correnti, immobili, terreni e anche un allevamento riconducibili a Giuseppe Falsone, Simone e Giuseppe Capizzi, Damiano Marrella e Pasquale Alaimo

AGRIGENTO. Conti correnti, immobili, terreni e anche un allevamento sono stati sequestrati e confiscati dalla Dia di Agrigento a cinque boss mafiosi. Nel mirino un patrimonio del valore complessivo di oltre un milione e cinquecentomila euro, riconducibili a noti esponenti mafiosi della provincia, tutti attualmente detenuti. I provvedimenti sono stati emessi dalla sezione misure di prevenzione del locale tribunale, sulla base delle indagini economico-patrimoniali effettuate dalla Dia, su delega del procuratore aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del gruppo misure di prevenzione della D.D.A.

I beni, dislocati in diverse aree della provincia, sono riconducibili a Giuseppe Falsone, 44enne di Campobello di Licata, già capo di cosa nostra della provincia di Agrigento; Simone Capizzi 71enne, ed il figlio Giuseppe Capizzi  48enne, entrambi elementi di spicco dell’articolazione riberese di cosa nostra; Damiano Marrella 67enne, esponente della famiglia mafiosa di Montallegro; Pasquale Alaimo 45enne, appartenente alla famiglia mafiosa di Favara.

Giuseppe Falsone è stato tra i primi trenta latitanti più pericolosi del territorio nazionale, e fu tratto in arresto il 25 giugno 2010 a Marsiglia (Francia), dopo oltre dieci anni di latitanza, da personale della polizia italiane e di quella francese. A Falsone è stata confiscata un’impresa individuale con sede a Campobello di Licata (AG), intestata ad un suo familiare e destinata alla coltivazione di cereali e all’allevamento di animali, per un valore complessivo di circa 35.000 euro. Simone Capizzi è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di mafia del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli consumato il 4 aprile 1992 ad Agrigento, mentre il figlio Giuseppe Capizzi, tratto in arresto nel luglio del 2006, è attualmente detenuto dopo una sentenza definitiva che lo ha condannato ad otto anni di reclusione per partecipazione all’associazione mafiosacosa nostra.

I decreti di sequestro dei beni riconducibili a padre e figlio hanno riguardato complessivamente 13 terreni, 3 fabbricati e 4 conti deposito, il cui valore complessivo ammonta a circa 870.000 euro. Damiano Marrella (figlio di Stefano Marrella ucciso il 5 ottobre del 1980 ed all’epoca ritenuto capo della famiglia mafiosa di Montellegro, già arrestato dalla Dia di Agrigento nell’ambito dell’operazione “Minoa il 14 dicembre 2011) è stato condannato a 8 anni di reclusione. Il sequestro di beni operato sul conto di Damiano Marrella ha riguardato un immobile a Montallegro, fondi d’investimento ed altri rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 300.000 euro. Per quanto riguarda Pasquale Alaimo, il 6 marzo 2007 lo stesso è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo nell’ambito dell’indagine denominata “Camaleonte”, poiché indiziato di far parte della famiglia mafiosa di Favara. Successivamente, con sentenza della Corte d’Appello di Palermo irrevocabile il 2 ottobre 2012, è stato condannato alla pena di 13 anni di reclusione per associazione mafiosa. Il provvedimento di confisca a carico di Pasquale Alaimo ha colpito immobili, automezzi, polizze assicurative, libretti di deposito, fondi comuni d’investimento, un conto corrente bancario ed una autovettura, per un valore complessivo di euro  270.000 circa.

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