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Visita a casa di Berlusconi. Zambuto si dimette da presidente del Pd

A fine febbraio l'incontro a Palazzo Grazioli. Si difende: «Sono andato da Berlusconi per sostenere umanamente Gallo in un momento di difficoltà»

PALERMO. Marco Zambuto non è più il presidente regionale del Pd. Si è dimesso oggi, sopraffatto dalle polemiche per un incontro organizzato a fine febbraio a casa di Berlusconi a cui ha partecipato con il leader agrigentino di Forza Italia, Riccardo Gallo.
In quei giorni in città era aperta la trattativa per individuare un candidato sindaco. E la scelta è poi ricaduta su Silvio Alessi, vincitore alle primarie ma - secondo i vertici del Pd - inadatto perchè espressione di Forza Italia, che attraverso un movimento civico guidato dallo stesso Riccardo Gallo ha partecipato alle consultazioni del centrosinistra. Da qui la scelta del segretario del Pd, Fausto Raciti, di annullare tutto e puntare sull’ex presidente della Regione, Angelo Capodicasa, senza rifare le primarie.
Zambuto però non ha retto le polemiche per quell’incontro a Palazzo Grazioli. Tutte le correnti del Pd ne hanno chiesto le dimissioni: Antonello Cracolici e Mariella Maggio (area Orfini), Marika Cirone di Marco (area Lupo), Baldo Gucciardi (renziani). In pressing su Zambuto per ottenerne le dimissioni sono andati anche Raciti, Rosario Crocetta e, da Roma, Davide Faraone e Lorenzo Guerini.
Zambuto ha provato a difendersi: «Sono andato da Berlusconi per sostenere umanamente Gallo in un momento di difficoltà». Il parlamentare forzista era stato citato da un pentito durante una indagine per omicidio (dalla quale è uscito senza alcuna conseguenza).
Ma la spiegazione non ha convinto i leader del Pd. E quella di Zambuto è la prima testa a rotolare durante una campagna elettorale per le Amministrative di fine maggio che - da Enna ad Agrigento passando per Gela e Marsala - sta dilaniando il Pd e il centrosinistra fra faide interne e alleanze sconfessate.

"Respingo con sdegno il barbaro tentativo di coinvolgermi politicamente in un episodio di solidarietà umana nei confronti di un vecchio amico con il quale oggi i percorsi politici sono totalmente diversificati e assolutamente distanti", dice Zambuto. "Gallo Afflitto era in difficoltà perché alcuni media avevano rilanciato le dichiarazioni di un pentito secondo il quale il deputato nel 1988 avrebbe concorso a un omicidio di mafia. Mi ha chiesto lui, insomma, di testimoniare davanti a Berlusconi sulla sua onestà - sostiene Zambuto -. E lo ha chiesto a me proprio perché, da avversario, potevo risultare credibile". Le gravi accuse nei confronti di Gallo Afflitto sono state ritenute dai magistrati prive di fondamento.  "Nessuno, se non in completa malafede, può mettere in dubbio la mia linearità politica nei confronti del Pd e del suo progetto di cambiamento del paese. - aggiunge - Sono pronto a sopportare il peso mediatico di chi vuole strumentalizzare quanto accaduto, pur tuttavia consapevole del tempo di barbarie civile e politica che stiamo vivendo, in cui non si riescono più a distinguere i gesti e il loro significato, sono pronto a fare un passo indietro e rimettere il mio mandato all'assemblea regionale del Pd affinché non sia proprio il Partito Democratico che oggi coraggiosamente guida l'Italia con il Premier Matteo Renzi, a dover subire una vergognosa ed ignobile macchina del fango".

Zambuto ribadisce "l'assoluta ininfluenza politica dell' incontro, in quanto in quella data le primarie della coalizione Ag 2020 erano già state indette e al tavolo costituente avevano preso parte tutti i rappresentanti del Pd compreso il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta". "Ribadisco, se proprio una colpa mi si vuole attribuire in questa vicenda, - conclude - è quella di essere stato solidale con chi si trovava umanamente in difficoltà. Ma io di questo non devo scusarmi proprio con nessuno". Ieri intanto la coalizione delle Primarie di Agrigento ha dato via libera alla proposta di candidatura del deputato nazionale Angelo Capodicasa a sindaco della città dei Templi. E' passata dunque la linea del segretario del Pd Fausto Raciti che aveva scaricato Alessi, vincitore delle primarie.

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