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Loris, il vescovo Montenegro confessa Veronica in carcere ad Agrigento

L'incontro è durato poco più di due minuti, poi il nuovo cardinale è andato via portando con sè i pensieri della donna

AGRIGENTO. La scena sembra una di quelle già viste. Due sedie messe di fronte, una accanto all’altra, dentro una cella e la porta di ferro che si chiude. Dalle grade di ferro si scorgono due sagome e due sguardi che si incrociano. «Ricordava l’incontro tra Papa Wojtyla e Alì Agca», bisbiglia un agente di custodia in servizio ieri mattina nel carcere di contrada Petrusa ad Agrigento.

Erano da poco passate le 15. Seduta con le mani in preghiera e gli occhi lucidi di pianto ed emozione c’era lei, Veronica Panariello, la madre del piccolo Loris trovato morto a Santa Croce Camerina, il paese che ha dato i natali a mons. Carmelo Ferraro, che per trent’anni è stato archivescovo di Agrigento. Di fronte a lei, così piccola ed imbarazzata, c’era proprio il suo successore, l’arcivescovo Franco Montenegro, fresco di nomina cardinalizia per volontà di Papa Francesco.


«Padre mi benedica... », Veronica aveva atteso l’arrivo del prelato per minuti, interminabili. Oltre mezz’ora. Montenegro aveva, infatti, chiesto di poterle fare visita «per portarle il saluto e la parola di Dio. Consentitemi di incontrare i detenuti e poterli guardare negli occhi uno a uno, di portare loro il pensiero di chi come noi sta fuori e crede nella possibilità di una nuova vita». Ed è stato accontentato. Così, subito dopo aver celebrato la Santa Messa alla presenza di tutti i detenuti della casa circondariale, si è fatto accompagnare. Ha attraversato l’ampio cortile, ed è entrato nel padiglione destinato alle donne dove al momento sono ospitate una decina di recluse. Molte quelle immigrate.

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