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Agrigento, la «carica delle 104»: il baby pensionato resta in carcere

L’inchiesta coordinata dai procuratori Di Natale e Fonzo ha retto pienamente al vaglio dei giudici del Tribunale della libertà

AGRIGENTO. Ordinanza cautelare in carcere confermata: per il baby pensionato di Raffadali Daniele Rampello, 47 anni, ritenuto uno dei due capi della banda che avrebbe “fabbricato” falsi invalidi, le accuse restano in piedi dopo il vaglio del tribunale del riesame.
Il collegio presieduto dal giudice Giacomo Montalbano ha ritenuto insussistenti solo alcune singole accuse che però non hanno scalfito la posizione di uno dei personaggi chiave dell’inchiesta “La carica delle 104”. Il suo difensore, l’avvocato Aldo Virone, lunedì scorso ha discusso il ricorso col quale chiedeva di rivedere il provvedimento restrittivo. Ieri mattina, invece, i giudici hanno depositato il provvedimento che conferma la misura. Ed è questa la decisione che chiude il cerchio.
Con l’ordinanza a carico di Rampello il quadro è completo: l’inchiesta, condotta dal pm Andrea Maggioni con il coordinamento del procuratore Renato Di Natale e dell’aggiunto Ignazio Fonzo, ha retto pienamente al vaglio del tribunale della libertà chiamato a esaminare le ordinanze emesse dal gip Ottavio Mosti pochi giorni prima del trasferimento. Due soli indagati, il radiologo Alfonso Russo e il medico Giuseppe Porcello, sono tornati liberi.

La loro ordinanza è stata annullata ma – in particolare nel caso di Porcello – i giudici hanno comunque mantenuto in piedi buona parte del quadro indiziario facendo riferimento alle esigenze cautelari. Nell’inchiesta, che ha portato all’arresto di medici, imprenditori e faccendieri, sono coinvolte altre 84 persone. In gran parte sono medici, falsi invalidi e rispettivi amici e familiari. La Digos, coordinata dal dirigente Patrizia Pagano, ne ha già interrogati una cinquantina.
Altri saranno sentiti nei prossimi giorni. Ognuno dei 101 indagati (due sono deceduti), sostiene l’accusa, avrebbe avuto un ruolo. Rampello e il bidello favarese Antonio Alaimo avrebbero fatto da procacciatori di clienti sul territorio coordinando poi tutto il resto. I falsi malati, insieme ai familiari, avrebbero pagato quello che serviva per arrivare allo scopo: ottenere lo status di invalido incassando previdenze dallo Stato. Non solo soldi ma anche vantaggi; i dipendenti pubblici invalidi e i loro familiari, ad esempio, hanno diritto a trasferimenti nelle proprie città scavalcando chiunque altro. Per arrivare all’obiettivo sarebbe stato necessario pagare i medici in cambio di false attestazioni e magari arrivare alle visite in ambulanza e in sedia a rotelle. Le intercettazioni telefoniche audio e video della polizia sono state decisive: le telecamere nascoste hanno filmato vere e proprie sceneggiate dove la finta invalida, poco dopo essere scesa dall’ambulanza e dalla sedia a rotelle per sottoporsi alla visita, va via a piedi al supermercato e spinge il carrello con la spesa.
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