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Lampedusa ricorda il naufragio un anno dopo, protesta in aeroporto

Nel giorno del ricordo, eritrei sopravvissuti alla tragedia dipingono cubi frangiflutti su molo Favaloro

LAMPEDUSA. "God is love", "Henrick rip", "you are always in my heart": sono le scritte che i sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre dell'anno scorso hanno realizzato sui cubi frangiflutti del molo di Lampedusa, lo stesso dove l'anno scorso furono adagiati i cadaveri di 366 loro compagni di viaggio.

L'iniziativa, la prima di una serie organizzata per la giornata dal Comitato 3 ottobre, è stata condivisa con i ragazzi del liceo di Lampedusa, che hanno aiutato i migranti a dipingere i cubi sul molo. Lacrime e abbracci tra i sopravvissuti, molti dei quali, alla vista di quel molo, sono scoppiati in un pianto dirotto.

Lampedusa celebra il suo giorno più triste e lo fa con uno spirito inquieto: al dolore per una tragedia che ha umanamente devastato l'isola e tutti quelli che quel giorno sono corsi in mare per salvare vite, si somma la rabbia di quella parte di abitanti riunita con l'associazione degli albergatori che vedono la riapertura del Centro di accoglienza, prevista per i prossimi giorni dopo lavori di ristrutturazione costati 3,7 milioni, come l'inizio della fine.

Per sabato è stata annunciata una manifestazione, "per salvare i nostri figli" da una politica "che ci sta portando all' esasperazione e al fallimento". Ce l'hanno col sindaco Giusi Nicolini e con il governo, quelli che protestano: "Lampedusa si accollerà di nuovo tutta la problematica relativa agli sbarchi e ancora una volta noi lampedusani saremo gli unici a subire gli effetti devastanti del fenomeno migratorio". Lei, il sindaco, fa spallucce. "Pensi davvero che non vogliano il Centro? E dove dovremmo mettere i migranti, sul molo? O forse le loro proteste hanno a che fare con gli sgravi fiscali e la richiesta di non pagare le tasse?"

Ma inquieta è anche l'altra metà dell'isola, perché certe immagini non si possono scacciare mai e quando arrivano gli anniversari il dolore riemerge in tutta la sua cattiveria. "Alla morte non ti abitui mai, chi dice questo mente - ammette lucidamente il dottor Bartolo - Ogni volta è una sofferenza immane, non c'è nulla da fare e null'altro da dire. Io davanti a quei corpi straziati ho pianto decine di volte". A salvarti dalla disperazione ci pensano però storie come quella di Kebrat, una ragazza eritrea che era su quel barcone e ora sta in Svezia.

"Quando l'hanno ripescata sembrava morta e così è finita su una barca assieme agli altri cadaveri - racconta Bartolo - Quando siamo arrivati in porto, non so ancora per quale motivo, le ho sentito il polso e ho percepito un battito debolissimo. Ho gridato come un pazzo, 'è viva, è viva', e così l'abbiamo portata via di lì. Aveva i polmoni pieni d'acqua e gasolio, ma ce l'abbiamo fatta. E' stato un miracolo".

Kebrat non è tornata a Lampedusa, dove invece sono arrivati Luam, Fanus, Rezeni e tanti altri che erano su quel barcone maledetto. Nei loro occhi c'è ancora la paura e solo gli abbracci con i lampedusani che li hanno salvati e che li attendono in aeroporto riescono a strappar loro un sorriso. Fanus è stata l'ultima dei 155 sopravvissuti a lasciare l'isola, tre mesi dopo. Ora vive in Svezia. "Studio e faccio un corso di formazione professionale. Ricordo tutto di quella notte ma vorrei tanto dimenticare".

Anche Rezeni è in Svezia e sogna di diventare meccanico. "Voglio farmi una vita, voglio vivere". A Lampedusa ci sono anche i familiari di chi non ce l'ha fatta. "Ogni volta che ci chiedete di quella notte la ferita torna a sanguinare - dicono una ragazza che ha perso la cugina e un giovane che nel mare di Lampedusa ha lasciato il fratello - Ma per la prima volta, nell'incontro con papa Francesco, qualcuno ha capito la nostra tristezza". Un dolore che è stampato sui loro volti mentre, lo sguardo fisso nel vuoto, ascoltano la cerimonia interreligiosa nel Santuario della Madonna di Porto Salvo. Che non è un posto qualunque per Lampedusa: qui, per secoli, sono stati lasciati generi di conforto per tutti i marinai di passaggio. E una fiammella è rimasta sempre accesa, alimentata da tutti coloro che vi giungevano, cristiani, musulmani o ebrei che fossero. "I tanti morti annegati sono stati cancellati dal crudele gioco del più forte° ha tuonato l'arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro. Un gioco che non è ancora finito: mentre a Lampedusa sbarcavano i sopravvissuti, davanti alla Libia altri disperati morivano. Nell'ennesimo naufragio figlio dell'indifferenza.

"NO AL CENTRO DI ACCOGLIENZA": PROTESTE ALL'AEROPORTO. Un gruppo di giovani lampedusani sta manifestando davanti all'ingresso dell'aeroporto di Lampedusa, dove tra poco inizierà un incontro con il presidente della Camera, Laura Boldrini, il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, e il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz.

I manifestanti hanno cartelli contro il governo e le scelte fatte sull'isola. 'Commemorate i morti e ingabbiate i vivi' è scritto su un cartello; 'Ogni giorno è il 3 ottobre'; 'No a
Lampedusa caserma a cielo aperto'; 'No Nato, più scuole, no Ue, meno caserme'. In particolare i manifestanti contestano la decisione di riaprire il centro di accoglienza e l'installazione di nuovi radar a Lampedusa. Le proteste sono anche contro il magnate Soros, che - affermano - avrebbe finanziato parte del Festival Sabir, organizzato dall'Arci proprio in questi giorni
sull'isola.

Anche al Porto Vecchio i lampedusani hanno inscenato una protesta, mettendo cartelli contro il governo e il sindaco, proprio di fronte all'ingresso del molo Favarolo, quello dove arrivano i migranti. «L'economia è in ginocchio - dicono - e i diritti dei lampedusani sono sempre negati».

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