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Agrigento, Vullo parte civile contro Messina Denaro

AGRIGENTO. L'imprenditore Salvatore Vullo, titolare della Sa.Bo., si costituisce parte civile contro il capo di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro e il pentito Nino Giuffrè, accusati di estorsione nei suoi confronti. La richiesta è stata formalizzata dal difensore, l'avvocato Alfonso Neri, all'apertura del processo davanti ai giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo dove è ripartito il processo dopo la dichiarazione di incompetenza territoriale del tribunale di Agrigento.

Resta stralciata la posizione del boss Bernardo Provenzano le cui condizioni di salute si sarebbero aggravate tanto da renderlo incapace di partecipare con coscienza alle udienze.
La vicenda giudiziaria, particolarmente articolata, che nello stralcio abbreviato ha già portato a tre condanne in due gradi di giudizio, scaturisce dagli sviluppi dell'inchiesta "Cupola". Per anni gli inquirenti si sono interrogati sulla destinazione di quei 10mila euro trovati nel casolare di Santa Margherita Belice il 14 luglio del 2002, giorno dell'operazione della squadra mobile che ha interrotto il summit dei capimandamento che avrebbero dovuto eleggere il racalmutese Maurizio Di Gati a capo della cupola provinciale.

Negli anni successivi lo stesso Di Gati ha raccontato la sua verità svelando che quei soldi erano stati estorti all'imprenditore di Favara Salvatore Vullo (peraltro negli anni scorsi destinatario di un'informativa antimafia) che aveva svolto dei lavori a Partanna, in provincia di Trapani. Il pizzo lo avrebbe materialmente riscosso il favarese Giuseppe Nobile, all'epoca insospettabile medico e consigliere provinciale di Forza Italia. Messina Denaro avrebbe imposto la riscossione della tangente interessando Provenzano e i vertici della famiglia di Agrigento. Di Gati, secondo il suo racconto, aveva delegato Nobile a incassare una somma ulteriore rispetto a quella già pagata alla famiglia di Alcamo. Infine Leo Sutera, mafioso di Sambuca di Sicilia di recente arrestato e condannato con l'accusa di avere preso il posto di Giuseppe Falsone al capo delle famiglie mafiose, avrebbe dovuto fare recapitare i soldi a Messina Denaro. Non ci fu tempo perché i poliziotti arrestarono i partecipanti al summit e sequestrarono i 10mila euro.

Vullo si è costituito parte civile anche nel processo, con rito abbreviato, conclusosi con le condanne di Nobile, Di Gati e altri due boss (il palermitano Domenico Virga e Ignazio Melodia di Alcamo) ma la sua richiesta di risarcimento del danno è stata rigettata.
L'imprenditore ci riprova nello stralcio ordinario. Il processo era stato già incardinato davanti ai giudici della seconda sezione penale presieduta da Luisa Turco che si sono dichiarati incompetenti per territorio in quanto la presunta estorsione sarebbe avvenuta a Palermo. Il processo riprende, con l'esame dei primi testi, il 9 giugno.

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