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Un albero con i vestiti degli immigrati Linosa ricorda la strage del 3 ottobre

Tra i rami saranno appesi pezzetti di stoffa ritagliati da indumenti lasciati dagli stessi migranti nello sbarco avvenuto il 27 marzo del 2011

LINOSA. Un albero che al posto delle palle di Natale sui rami avrà 366 pezzetti di stoffa ritagliati da indumenti lasciati dagli stessi migranti nello sbarco avvenuto il 27 marzo 2011. Si tratta di un'iniziativa - promossa dall'associazione culturale "Tempu Nivuru" in collaborazione con l'associazione Guardia costiera ausiliaria di Linosa - per ricordare le 366 vittime del naufragio avvenuto il 3 ottobre scorso a largo di Lampedusa in occasione della ricorrenza del terzo mese della tragedia.


L'appuntamento è a Linosa il 3 gennaio prossimo, quando una fiaccolata partirà dal centro abitato per giungere fino al cosiddetto "Albero 366" in zona Pozzolana di Ponente dove saranno accesi anche 366 ceri in ricordo delle vittime. Sull'"Albero 366" sarà posta una croce, realizzata con legno ricavato dalle barche, donata dal falegname Francesco Tuccio, l'artigiano che ha realizzato il pastorale e il calice utilizzati da Papa Francesco durante la messa dell'8 luglio scorso a Lampedusa.


«L'albero scelto è un'agave, zabara in siciliano e sabara in arabo, quella pianta che cresce sulle coste del Mediterraneo che attende tra i 20 e i 25 anni per far sì che il suo fiore nasca e cresca, bello e maestoso, per poi morire - spiega Salvatore Tuccio -. Pertanto l'agave - aggiunge - come metafora della storia dei 366 sfortunati che, dopo anni di strazianti viaggi, appena hanno visto terra, contenti come se rinati, a pochi metri dalla loro fioritura hanno perso la vita. Dunque il fiore dell'agave sarà l'Albero 366».


Tra gli eventi collaterali che si svolgeranno a Linosa il 3, 4 e 5 gennaio 2014 le proiezioni di vari documentari e film sul tema dell'immigrazione (compreso il video shock al centro d'accoglienza trasmesso dal Tg2 che fa fatto indignare nei giorni scorsi il mondo intero), la mostra dei dipinti realizzati sui pezzi di legno recuperati dai barconi dal pittore Giovanni Confortini e la mostra fotografica di Claudio Palmisano, autore della foto copertina dell'Espresso con i feretri dei migranti morti trasportati a Porto Empedocle sulla nave militare per la tumulazione in diversi cimiteri dell'Agrigentino.


«In terre lontane, anche quando trovano lavoro - ha ricordato ieri Papa Francesco - non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili. Perciò, mentre fissiamo lo sguardo sulla santa Famiglia di Nazareth nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento».

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