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Naufragio di Lampedusa, fermato scafista tunisino: per i testimoni era il comandante

LAMPEDUSA. La Procura di Agrigento ha disposto il fermo del presunto scafista del naufragio di Lampedusa in cui sono morti centinaia di migranti. È il tunisino Kaled Bensalam, di 35 anni, indicato da alcuni testimoni come il comandante. È indagato anche per naufragio e omicidio volontario plurimo.
Il provvedimento, che ipotizza anche il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, è stato eseguito dalla squadra mobile della Questura di Agrigento su disposizione della Procura. Sono sei i testimoni, tutti eritrei, che identificano l'uomo come uno "scafista" e la maggior parte di loro lo indicano anche come il 'capitanò dell' equipaggio che era composto da due persone, compreso un giovane che potrebbe essere un minorenne suo connazionale, che non è tra i superstiti.
Il presunto comandante della nave carica di migranti che ha fatto naufragio a Lampedusa avrebbe avuto un ruolo nell'incendio del peschereccio. Lo affermano dei sopravvissuti eritrei sentiti dalla Procura di Agrigento, nell'ambito dell'inchiesta che ha portato al fermo del presunto scafista, un tunisino di 35 anni che nell'aprile scorso aveva fatto parte di un equipaggio di uno sbarco nell'isola delle Pelagie. Elementi non certi, tanto che la magistratura non gli contesta il reato di incendio.
L'incendio era stato appiccato, hanno confermato i sopravvissuti, per fare notare la presenza della nave alle autorità italiane, affinchè li portassero a Lampedusa. Un testimone racconta di «avere visto il capitano versare benzina o gasolio su una coperta», ma «non può dire che sia stato lui ad accendere». È certo che «si è incendiata una parte dell'imbarcazione e tutti si sono riversati verso prua e la barca si è ribaltata».  «Non l'ho visto dare fuoco - racconta un altro - ma ho sentito dire da molte persone che era stato lui involontariamente a dare fuoco al ponte dell'imbarcazione».  Un terzo sopravvissuto ricostruisce così la dinamica dell'accaduto: «mi hanno chiesto un coltello» e «nel frattempo c'è stata una vampata che ha causato l'incendio a bordo. E in quel momento - ricorda - che ho visto il capitano, l'arabo più grande, correre insieme a altre persone verso la mia direzione, a poppa».


PM: "L'ORGANIZZAZIONE HA GUADAGNATO UN MILIONE DI DOLLARI". I migranti imbarcati sul barcone naufragato a Lampedusa avrebbero pagato tra i 1.600 e i 2.000 dollari a testa. Lo hanno reso noto il procuratore capo di Agrigento Renato Di Natale e l'aggiunto Ignazio Fonzo, durante la conferenza stampa sul fermo del presunto scafista. I magistrati stimano che in questo caso il viaggio abbia fruttato all'organizzazione dai 500 mila a un milione di dollari.
Allo scafista, la Squadra mobile e la Procura di Agrigento sono arrivati perchè tutti i migranti superstiti sentiti parlavano di «white man», uomo bianco. Oltre al tunisino fermato, di colore un pò più chiaro di pelle rispetto a tutti gli altri imbarcati, sul natante c'era anche un altro «white man», più giovane del comandante, forse un minorenne o un ventenne, ma non sarebbe sopravvissuto al naufragio.


LA DIFESA DEL "CAPITANO": ERO UN PASSEGGERO.
Ero un passeggero, ho pagato mille euro per imbarcarmi. E' la difesa del tunisino di 35 anni, Khaled Bensalam, che davanti ai magistrati della Procura di Agrigento, che nei giorni scorsi lo hanno sentito come indagato, ha contestato l'accusa di essere un componente dell'equipaggio della nave che ha fatto naufragio a Lampedusa.

Ha confermato di essere stato nell'isola delle Pelagie, l'11 aprile di quest'anno. In quel caso, ha confessato ora, da scafista assieme a tre marocchini. Ma fu obbligato, ha spiegato ai pm, dall'allora suo datore di lavoro che minacciandolo con una pistola gli impose di fare "un trasporto di clandestini verso l'Italia". Arrivò, ma non fu indagato e fu espulso.

Nell'ultima traversata, quella per cui è indagato, ha detto che era organizzata da libici che non conosceva e di avere viaggiato tutto il tempo in una cella frigorifera. Ai magistrati che gli hanno contestato un'ustione al braccio sinistro ha spiegato di essersela procurata salendo sul ponte quando la nave si è fermata. Ha sostenuto di avere visto l'uomo che ha involontariamente appiccato il fuoco, ma di non conoscerlo e di non averlo visto tra i superstiti.

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