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Naufragio Lampedusa, i parenti delle vittime: riportate le salme in Eritrea

Appello al governo italiano attraverso sacerdote Don Mosè Zerai

AGRIGENTO. I familiari delle vittime degli  ultimi naufragi avvenuti sulle coste siciliane lanciano un  appello al governo italiano affinchè i loro cari siano riportati  in Eritrea e non vengano seppelliti in Italia. Lo fanno  attraverso Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo responsabile  dell'agenzia Habeshia, che da diversi anni rappresenta un punto  di riferimento sicuro per rifugiati e richiedenti asilo  provenienti dal Corno d'Africa e diretti in Italia. È a lui  infatti che i profughi si rivolgono, chiamandolo al suo  cellulare con i telefoni satellitari, quando lanciano disperate  richieste di aiuto dai barconi che rischiano di affondare nel  Canale di Sicilia. Ma l'ultima strage del mare Don Mosè non è  riuscito a evitarla, anche perchè agli oltre 500 eritrei che  erano su quella «carretta» naufragata davanti all'isola dei  Conigli, erano stati sequestrati tutti i telefoni prima della  partenza dalla Libia.         «In questi giorni - racconta il religioso - sono stato  tempestato dalle telefonate di familiari e amici delle vittime  delle ultime tragedia avvenute nel Canale di Sicilia, che sono  stati avvisati dai superstiti della tragica fine dei loro cari:  prima le 13 persone morte nel ragusano, poi le centinaia di  vittime davanti alle coste di Lampedusa».      Il sacerdote eritreo sottolinea che le famiglie che lo hanno  contattato «chiedono la restituzione delle salme per dare degna  sepoltura ai congiunti nella loro terra, e fanno appello al  governo italiano per un gesto di pietà verso tutti questi  giovani morti dando anche la possibilità alle loro famiglie di  riavere il corpo dei loro cari per poterli salutare e piangere  sulla loro tomba».     Don Mosè si unisce a questa richiesta sollecitando «il  governo italiano e tutti gli enti preposti a organizzare un  unico viaggio di tutte le salme dei cittadini Eritrei con un  volo umanitario per restituire le salme alle loro famiglie e  restituire dignità a queste persone che hanno preso la loro vita  in condizioni disumane».      Il responsabile dell'agenzia Habeshia indica anche le  possibili modalità di questa iniziativa umanitaria: «Abbiamo già  ricevuto centinaia di nomi e foto di possibili vittime di questa  tragedia per il riconoscimento, chiediamo la collaborazione di  tutti per facilitare tutto ciò. Ringraziamo fin d'ora per tutto  quello che è stato fatto e si sta facendo per dare una degna  sepoltura alle vittime di questa immane tragedia».     Le bare contenenti i corpi delle 111 vittime del naufragio di  giovedì scorso recuperate fino a ora si trovano ancora  nell'hangar dell'aeroporto di Lampedusa, dove sono state  ultimate le operazioni per consentirne l'identificazione  attraverso le foto e il prelievo del Dna. Dopo il nulla osta da  parte della Procura di Agrigento, che coordina le indagini sulla  tragedia, saranno trasferite a Porto Empedocle con il traghetto  di linea. Secondo un piano messo a punto dalla prefettura, nei  prossimi giorni dovrebbero essere tumulate nei cimiteri dei  comuni dell'agrigentino i cui sindaci hanno offerto la loro  disponibilità. Adesso l'appello dei familiari delle vittime  potrebbe rimettere tutto in discussione.

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