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Licata, imprenditore scomparso: ordinanza per due

AGRIGENTO. Sarebbe stato ucciso dalla persona dalla quale vantava un credito, una somma oscillante tra 40 e 100 mila euro accumulata negli anni per un fantomatica eredità che l'omicida avrebbe dovuto incassare. È la tesi della Procura di Agrigento sulla scomparsa di un piccolo imprenditore agricolo di Licata, Giovanni Brunetto, 60 anni, del quale non si hanno notizie dallo scorso 7 maggio. Ad ucciderlo, secondo l'accusa, sarebbero stati il debitore, Angelo Carità, di 58 anni, e un suo fiancheggiatore, Angelo Bianchi, di 37. Nei loro confronti il Gip di Agrigento, accogliendo la richiesta della Procura, firmata dall'aggiunto Ignazio Fonzo, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Carità, e ai domiciliari nell'ospedale di Gela per Bianchi. I due sono indagati per sequestro di persona, omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Il corpo di Brunetto non è stato trovato, ma gli investigatori escludono l'ipotesi del suicidio o dell'allontanamento volontario. Secondo le indagini della polizia, la vittima vantava un credito di oltre 40 mila euro nei confronti di Carità, e aveva litigato con lui per la restituzione della somma. Per questo, sostiene l'accusa, l'agricoltore, con la scusa di un appuntamento chiarificatore, sarebbe stato sequestrato e ucciso dal debitore e dal suo amico. I due sono stati fermati dalla polizia, ma il Gip non ha convalidato il fermo, per un vizio tecnico, ma emesso l'ordinanza cautelare.


Giovanni Brunetto, quattro  ore prima di scomparire, aveva avuto un'accesa discussione con Carità. Le dichiarazioni acquisite dalla polizia e dalla Procura di Agrigento hanno permesso di ricostruire il fatto che Brunetto, da tempo, con forti insistenze, chiedesse la restituzione delle somme che aveva prestato a Carità. Entrambi gli indagati, ascoltati poche ore dopo la scomparsa del piccolo imprenditore di Licata, hanno negato non soltanto i «rapporti conflittuali» ma anche «l'esistenza del debito». Particolari che sono stati, invece, smentiti da tutti i testi, fra congiunti, parenti ed amici di Brunetto, che la polizia ha sentito. Carità e Bianchi avrebbero inoltre fornito un «falso alibi» perchè hanno reso dichiarazioni discordanti in merito ai tempi degli spostamenti eseguiti. I due - per la Procura - avevano concordato le dichiarazioni da rendere agli investigatori, ma non i particolari. L'analisi delle celle telefoniche dei cellulari in possesso di Carità e Bianchi ha inoltre permesso d'accertare che, contrariamente a quanto i due avevano dichiarato, non si trovassero a Licata il giorno della scomparsa, ma nei pressi di Naro, laddove è stata, qualche giorno dopo, ritrovata l'autovettura di Brunetto. 

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