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I pizzini trovati nel covo di Messina: parte l’inchiesta, indagata la sorella

L’accusa è di associazione mafiosa e scaturisce dal contenuto degli scritti trovati nell’ultima abitazione del latitante di Porto Empedocle

AGRIGENTO. Una nuova inchiesta coinvolge il capomafia Gerlandino Messina, catturato dai carabinieri il 23 ottobre del 2010 dopo undici anni di latitanza. Questa volta nella lista degli indagati è finita anche la sorella Anna, 34 anni, e tre imprenditori, tutti di Porto Empedocle, come il boss. Si tratta di Angelo Cardella, 40 anni, Francesco Salemi e Salvatore Salemi, padre e figlio di 58 e 34 anni. Per tutti l'accusa è di associazione mafiosa e scaturisce dal contenuto dei "pizzini" trovati nell'ultimo covo del latitante. I pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Rita Fulantelli ed Emanuele Ravaglioli, hanno fatto notificare cinque avvisi di garanzia. L'indagine dei carabinieri del reparto operativo, coordinati dal colonnello Salvo Leotta, continua per mettere a fuoco le responsabilità degli indagati ed eventuali ulteriori coinvolgimenti. Nel frattempo è stato disposto un esame scientifico sui "pizzini" che saranno sottoposti ad accertamenti grafologici e dattiloscopici. Gerlandino Messina, detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Tolmezzo, ha ricevuto il nuovo avviso di garanzia in cella. Lì è stato formalmente identificato e ha nominato come difensore l'avvocato Salvatore Pennica che lo assiste da dieci anni. L'indagine, sulla quale gli inquirenti mantengono un fitto riserbo, è stata avviata dopo la cattura del boss. Il capomafia, che da quattro mesi aveva preso le redini mafiose della provincia di Agrigento dopo l'arresto in Francia di Giuseppe Falsone, è stato scovato in una palazzina di via Stati Uniti, a Favara, dai carabinieri del reparto operativo e dal Gis, le "teste di cuoio" dell'Arma. I carabinieri hanno fatto irruzione nel primo pomeriggio dopo una lunga indagine alimentata da un'informazione dei servizi segreti che avevano individuato un gruppo di possibili fiancheggiatori, fra i quali il ventitreenne Calogero Bellavia. Il covo per giorni è stato presidiato giorno e notte e setacciato dai carabinieri e dagli uomini del reparto scientifico che hanno trovato materiale interessante. In particolare sono stati rinvenuti decine di pizzini dal contenuto nemmeno troppo criptico. Alcuni di questi, una trentina, farebbero riferimento al ruolo di Anna Messina, sorella trentaquattrenne del boss, nella gestione degli affari della famiglia mafiosa. Altri invece delineano il ruolo di Cardella, titolare di un negozio di autoricambi, e dei Salemi, che gestiscono un'impresa del settore edile e sono imparentati con i Messina. In questi messaggi si parlerebbe in particolare di racket e gestione delle estorsioni. Gli uomini del Ris hanno aperto il plico con i "pizzini" e hanno proceduto a fotografarli. Il prossimo passo sarà il saggio grafico sui documenti e la ricerca delle impronte digitali. Nessuno degli indagati, che per legge ne avevano il diritto, ha assistito alle operazioni che potrebbero portare a clamorosi sviluppi.

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